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54 Domenica 31^ Tempo Ordinario (L'autenticità cristiana) rif. al 30/10/11 PDF Stampa E-mail
                               Trentunesima Domenica del T.O. 

   

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,1- 12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Parola del Signore
                                 

                                        L’ autenticità cristiana 

  Questa domenica, trentunesima del tempo ordinario dell’anno A, il profeta Malachia nella prima 

 lettura che abbiamo ascoltato, si lancia in nome di Dio, si scatena contro i sacerdoti e i leviti
 
del  tempio  di Gerusalemme. Voi sapete che i sacerdoti e i leviti che servivano nel tempio di
 
Gerusalemme non lo facevano per vocazione, per una chiamata specifica, ma bensì per eredità. 
 
Il solo fatto di appartenere alla tribù di Levi faceva di un uomo, un membro del servizio del tempio
 
come sacerdote o come levita. Ecco perché Malachia usa questa frase: “Voi avete rotto l’amicizia
 
che io, Dio, stabilii con il vostro padre Levi, il capostipite della tribù”. Voi non avete osservato le
 
mie disposizioni.
 
E  nel Vangelo le parole di Gesù sia al popolo che ai suoi discepoli sono terribilmente forti
 
contro i farisei. Dice Gesù, l’abbiamo sentito: “Costoro dicono e non fanno; ciò che fanno è per
 
essere ammirati dagli uomini. In pubblico vogliono essere ai primi posti nelle sinagoghe, nei
 
conviti, vogliono essere salutati nelle piazze come maestri ecc. Amano sentirsi chiamare maestri”.
 
E chi erano questi? Gli Scribi. Erano gli specialisti nella Sacra Scrittura, nella legge che poi
 
redigevano e interpretavano.  I Farisei invece erano un partito politico religioso. La parola
 
fariseo significa ‘separato’. Loro erano i puri, i separati, che portavano però avanti una
 
mescolanza di politica e  di religione contro gli invasori romani.  Ebbene, Gesù, sulla
 
stessa onda di Malachia, che cosa condanna? Condanna l’ipocrisia, quello che noi chiamiamo
 
ipocrisia. E che cosa è questa ipocrisia? E’ la inadeguatezza tra ciò che noi pensiamo e diciamo di
 
essere e di fare e le azioni che facciamo. Se ciò che facciamo non risponde a ciò che sento, non
 
risponde a ciò che dico, io sono un ipocrita. E questo il Signore Gesù non lo vuole. Cosa vuole Lui?
 
Vuole l’autenticità.
 
E cos’è essere autentico? Essere autentico vuol dire essere vero, un vero uomo,
 
che dice e fa ciò che dice. Questo è il punto che il Signore Gesù vuole. Vuole che noi realizziamo 
 
ciò che  pensiamo, ciò che diciamo. Ed è notevole la durezza di Gesù contro i Farisei, perché
 
l’esigenza dell’autenticità del Signore Gesù è assoluta. Spigolando qua e là tra le pagine del
 
Vangelo abbiamo sentito delle frasi che, se non le avesse dette Gesù, molti di noi non avrebbero 
 
il coraggio di dirle. Però lui le ha dette. Sentite per esempio, ai Farisei disse questo: “Voi siete dei
 
sepolcri, delle tombe. Artisticamente presentabili nella facciata, fuori, ma dentro siete pieni di
 
marciume, come lo sono le tombe, piene di cadaveri in putredine. Voi lavate le stoviglie e difatti
 
le lavate ma al di fuori perché brillino, si vedano belle, ma le lasciate sporche dentro.
 
Voi dite che pagate le decime, della ruta, del cumino, ossia delle erbe aromatiche secondo la legge
 
di Dio e questo è bene. Ma trascurate gli orfani, le vedove, i poveri, gli sprovveduti coloro che non
 
hanno nessuna difesa. Andava molto bene osservare la legge della decima, però non si doveva
 
trascurare per nessun motivo questo aspetto della solidarietà con i vostri fratelli in bisogno. Voi
 
osservate la legge di Dio, ma questi doveri li avete lasciati da parte”. Ossia, il Signore Gesù qui 
 
si è proprio scatenato, non ha avuto ritegno, direi. Fratelli e sorelle, cosa vuole allora Cristo? Vuole
 
l’autenticità, ma in un’altra frase del Vangelo ha detto con chiarezza ciò che lui vuole e dice così: 
 
“Io voglio amore e non il sacrificio e il dolore. Io voglio che voi mi amiate, che facciate le cose che
 
l’amore vi spinge a fare”. Questo è il punto. Perché fratelli e sorelle, ecco  alcune frasi del
 
Cristo, che ci dice: quando fai l’elemosina, che questa elemosina parta dal tuo amore per
 
la persona che ha bisogno di essere aiutata, ma che la tua destra non sappia ciò che fa la sinistra.
 
Ossia non proclamare le tue buone azioni.  Quando preghi, diceva,   ritirati nella tua stanza, nel
 
silenzio, lì nessuno ti vede, ma ti vede il Padre tuo, che è nei cieli e Lui sì che terrà conto della
 
tua preghiera. Quando digiuni non fare  come fanno i Farisei, che quando digiunano si lasciano
 
andare; non si vestono bene, girano di qua e di là con le facce smunte, sembrano dei cadaveri
 
ambulanti. Tu no, quando digiuni, lavati, vestiti elegantemente di modo che nessuno riesca a
 
rendersi conto che stai digiunando. Ma il tuo Padre che è nei cieli ne terrà conto. Perché al Padre
 
che è nei cieli non sfugge nulla. Niente, nemmeno un bicchiere di acqua fresca dato per suo nome.
 
Questa frase l’ha detta Gesù, mica l’ho detta io.
 
Persino un bicchiere d’acqua fresca dato per suo amore non rimarrà senza ricompensa.
 
Ecco qui la base fondamentale, ecco qui ciò che provoca la vera autenticità di noi cristiani,
 
non solo, ma anche di noi uomini. E qui c’è un pericolo, anche per noi uomini e donne del 2000.
 
C’è anche un pericolo per noi, perchè? Un autore che toccava questo tema ha detto che questa
 
mancanza di autenticità  è uno slittamento dalla fede alla religiosità.
 
Spieghiamoci bene. Che cosa è la fede? 
 
La fede è l’affidamento, la fiducia, il perfetto rapporto, il feeling profondo che io ho con una
 
persona. Con il mio professore di matematica che mi insegnava, io accettavo perfettamente ciò che 
 
diceva e questa è la fede umana che avevo in lui.
 
Ma la fede in Dio è perché io so che lui mi vuole bene, so che si preoccupa della mia salvezza, che
 
mi viene sempre vicino per potermi salvare, per potermi avviare verso la felicità. Ebbene questo è
 
fede. Cosa è la religiosità? Religiosità è lo sforzo che l’uomo fa per mettersi in contatto con Dio.
 
La fede è la risposta a una iniziativa di  Dio. La religiosità no; è lo sforzo che io come uomo faccio
 
per rispondere alle terribili domande dell’esistenza. Chi sono, dove vado, perché esisto in questo
 
mondo, perché il dolore, perché la morte, cosa c’è dopo, che significa il mio passare per questo
 
mondo. Queste sono le domande; e  come le risposte sono diverse, diverse sono le religioni che ci
 
sono nel mondo.
 
La fede no, la fede è la risposta all’invito di Dio, all’invito d’amore che Lui mi fa. Non essere
 
autentico è passare da questa posizione all’altra. La posizione della fede esige la consegna totale 
 
del mio essere a Dio, l’amore vero.  L’amore significa proprio questo: darsi in pieno all’altro. 
 
La religiosità cosa vuol dire? Fare cose religiose. Per esempio: pregare, e non vorrei che vi
 
scandalizzaste, fratelli e sorelle. Anche noi sacerdoti quando celebriamo la santa messa possiamo
 
cadere dalla fede alla religiosità. E parlo di noi prima di tutto perchè questo poi passa a tutti i 
 
cristiani. Ma se tu fai per esempio tutte queste cose religiose per l’estetica, per la bellezza delle
 
funzioni, ma ti manca l’amore, allora hai perduto il tempo, non significa niente. Quando tu hai dato
 
una elemosina e l’hai potuto fare, per esempio, per toglierti dai piedi questa persona che ti
 
disturbava, questo non è  cristianesimo, non è quello che vuole Cristo. Lui vuole l’autenticità,
 
vuole la gestualità del nostro vero amore.
 
Fratelli e sorelle, Cristo ci ha liberati.
 
Ci ha liberati da che cosa? Dal fare quelle cose che ci soddisfano esteriormente, esteticamente, che
 
tacitano la nostra coscienza. Ma perché? Ho dato l’elemosina, va bene, è cosa buona; se tutti
 
facessero come faccio io tutto sarebbe risolto. Come no!  No, questo non è autenticità cristiana.
 
L’autenticità cristiana parte dal profondo del cuore, come parte la fede.
 
Fratelli e sorelle, Cristo l’ha detto chiaro e tondo: amore voglio e non sacrificio.
 
Domandiamoci allora terminando, quanto di slittamento c’è in ognuno di noi dalla fede
 
alla religiosità. Perché posso andare a messa tutte le domeniche pur di sentirmi tranquillo, ma
 
guardate che questo psicologicamente è un problema molto comune. Esempio, un uomo che è
 
abituato a radersi tutte le mattine, a fare la doccia tutti i giorni e quel giorno per determinati motivi
 
non riesce a farlo, si sente scomodo. Certo, perché? Perché l’abitudine lo ha abituato e gli manca
 
qualche cosa. E quello che è abituato ad andare al bar a prendere quel tipo di caffè e in quel giorno
 
per esempio hanno chiuso il bar per lutto, lui si sente scomodo. Vedete, noi possiamo fare le cose
 
religiose per questi motivi. Ma questo non è ciò che vuole il Cristo. Lui vuole l’amore, ossia vuole
 
la  consegna totale del mio essere a lui nell’amore. Fratelli e sorelle, questa mattina, per caso,
 
accendo la radio e mi tocca Radio Maria che trasmette la messa della chiesa dell’Immacolata 
 
Concezione di Latina. Stava parlando padre Ezio, che non conosco, ma è il parroco. Nella predica
 
dice: fratelli e sorelle, uscendo di qui, uscendo oggi dalla chiesa, magari che ognuno di noi
 
potesse sentirsi dire la frase che Pietro si è sentito dire quando era nel cortile del sommo sacerdote e
 
la serva della cucina vedendolo e sentendolo parlare dice: ma anche tu eri con Gesù il Galileo,
 
perché la tua parlata di Galileo è chiarissima si riconosce a distanza.  E il padre Ezio diceva, magari
 
questa mattina, ad ognuno di noi, non tanto per la nostra parlata, ma per la nostra condotta, la
 
nostra maniera di essere e di fare, ci potessero dire: anche tu eri con il Cristo nella messa di
 
questa mattina.
 
Ossia il Cristo ti ha invaso e tu gli hai risposto di si. Questo è autenticità e questo è ciò che
 
Cristo vuole da noi.
 Così sia.  
Ultimo aggiornamento ( giovedì 27 ottobre 2011 )
 
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