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52 Domenica 29^ Tempo Ordinario (Date a Cesare....) rif. al 16/10/11 PDF Stampa E-mail

Ventinovesima Domenica del T.O.

 Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,15-21)

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Parola del Signore
  

Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio   

La domanda fatta  dai farisei a Cristo, se era giusto pagare le tasse che i  romani avevano imposto al popolo ebraico, era una domanda capziosa;  di fatto se avesse detto di si lo avrebbero tacciato di  essere filo romano,  se avesse detto di no lo avrebbero tacciato di essere un ribelle  contro l’autorità.  In realtà, oltre ad essere capziosa,  la domanda dei farisei nascondeva un pensiero molto più profondo che comportava un  riferimento ad uno dei problemi  cruciali ed importanti per noi cristiani del 2000 che ci interpella continuamente nel nostro agire quotidiano. Si tratta  del rapporto tra città di Dio e città dell’uomo , cittadini di questo mondo ma cittadini del cielo.  Cerchiamo di spiegarci e fare qualche  riflessione. Ai farisei non interessava  assolutamente l’importanza morale di pagare o non pagare le tasse ai romani. Nel loro intimo erano perfettamente convinti che non si dovevano pagare,  ma allora perché la domanda?  Era per camuffare un loro pensiero più profondo ma molto  più pericoloso se fosse stato espresso in  pubblico. Questo pensiero si basava sulla concezione, praticamente comune  nella maggioranza del popolo ebraico, che la pensava così: il messia  avrebbe dovuto stabilire e rafforzare Israele  con uno stato politico teocratico, ossia retto da Dio,  al quale si sarebbero dovuti sottomettere tutti i popoli della terra. Com’era allora  possibile che i  Romani imponessero   tasse al popolo eletto? La geopolitica degli ebrei era questa: Dio è al centro, intorno a Dio facendogli corona  c’è il popolo d’Israele,  il popolo prediletto, i privilegiati.  Agganciati  ad Israele nella periferia  della storia tutti gli altri popoli della terra. Nella domanda fatta a Gesù sostanzialmente chiedevano: “Che ne dici tu che ti presenti come inviato di Yahweh, ossia come messia,  che ne pensi di questo progetto? La pensi come noi,  sei d’accordo?  Che ne pensi dell’esistenza dell’impero come quello di Roma che  ci domina e pretende da noi tasse,  tributi con angherie  da sopportare? Ha  diritto di esistere uno stato civile  nel progetto dello stato messianico  di cui noi ebrei siamo il popolo eletto?”  Gesù non risponde direttamente  ma aveva già prospettato ai capi d’Israele  che il loro progetto non corrispondeva a quello di Yahweh  di cui lui era portatore  e che perciò sarebbe  stata tolta  loro la missione di realizzare il regno di Dio  sulla terra  che gli ebrei avevano travisato  e che sarebbe stato dato ad altri, ad un popolo nuovo  nel quale qualsiasi uomo o donna anche se non ebreo poteva perfettamente  entrare. Nel  giorno della sua stessa passione  al rappresentante dell’impero romano Gesù dice: “Non avresti  alcun potere sopra di me  se non ti fosse stato dato dall’alto”. A questo regno, potere, impero  temporale  romano, la cui esistenza Gesù riconosce, contrappone però la frase dicendogli: “Il mio regno non è di questo mondo”. La riflessione dei pensatori cristiani  sulla sovranità di Dio su tutte le cose  partendo dal concetto del potere onnipotente di Dio creatore e  salvatore è arrivata a chiarificare un po’ la situazione.Allora, ecco  che esiste una sovranità di Dio sul mondo dove si costruisce  il Regno. Sovranità che il Padre esercita mediante il Figlio, il Verbo fatto uomo,  Gesù  Cristo,  con l’energia dell’amore dello Spirito Santo  che è l’anima dell’organismo che fa da lievito  per trasformare l’umanità intera in questo regno spirituale,  che in forma più precisa  si denomina corpo mistico di  Cristo perché, in questo tempo, in questo regno Cristo  è il Re.Alla fine dei tempi lui consegnerà questo regno al Padre e diventerà Regno di Dio definitivo. Vi è pure un’altra forma di sovranità di tipo temporale che Dio esercita indirettamente mediante la libera dinamica della volontà degli uomini  che costituiscono  strutture societarie e governi, ma come cause seconde.  Sono questi due modi qualitativamente differenti  del dominio di Dio sulla storia  degli uomini nel rispetto della loro libertà.  Queste due forme di sovranità Dio le esercita su quelle che sono state chiamate nei secoli  la città di Dio e la città  dell’uomo. Noi siamo cittadini di queste due città. Nel 1436,  come ho già detto altre volte,  è stato trovato sulla bancarella di un pescivendolo di Costantinopoli  un manoscritto su fogli che il pescivendolo utilizzava per avvolgere il pesce venduto.  Erano scritti in greco, di un autore cristiano del II secolo,  che mandava una lettera ad uno dei suoi amici, un amico pagano  di nome Diogneto e parlava  proprio di questo tema. Sosteneva la tesi che possiamo riassumere così: il cristiano è a tutti gli effetti membro della società  civile, come tutti gli altri. Osserva le leggi come tutti i bravi cittadini, ma si considera di passaggio verso la  patria definitiva.  Nella seconda parte del secolo scorso, nel  1965,  il Concilio Vaticano II,  nei documenti “Cristo luce delle genti  e poi “Le allegrie le gioie e le speranze degli uomini” e anche nel documento  Azione apostolica dei laici”, in questi tre grossi documenti, il magistero della Chiesa  precisa il grande dovere dei cristiani di impegnarsi  per far penetrare nella città temporale le  caratteristiche della città di Dio,  ossia i valori del vangelo. Anche se  la città civile attuale non è la dimora  definitiva degli uomini, sarà però poco a poco trasformata in regno di Cristo. Alla fine dei tempi Cristo verrà e prenderà questa società trasformata in suo Regno e la consegnerà  al Padre che è nei cieli.  Diventerà allora il Regno  finale e definitivo di Dio. Ecco fratelli  e sorelle, l’avventura cosmica  storica alla  quale siamo  chiamati ognuno in un periodo speciale, in una fase della storia  differente da quella di altri.  Siamo chiamati a collaborare in questa enorme  impresa, la costruzione del regno di Cristo, affinché diventi regno di Dio alla fine dei tempi, quando Cristo consegnerà   al Padre  la società civile che permeata   dallo  Spirito di Cristo,  dallo Spirito Santo, è diventata  Regno.  Allora sarà la fine del mondo e Dio sarà tutto  in tutti.Così sia.

Ultimo aggiornamento ( sabato 15 ottobre 2011 )
 
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