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14 Domenica 4^ Tempo Ordinario (Le Beatitudini) rif. al 30/01/11 PDF Stampa E-mail

                       Quarta Domenica del Tempo Ordinario  

( Dal vangelo secondo Matteo )  Mt 5, 1-12a           

  In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Le Beatitudini. Costituzione “Carta Magna” del Cristianesimo

In questa quarta domenica del tempo ordinario di questo anno liturgico “A”, la liturgia ci presenta, come sempre, le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento. Del Nuovo Testamento ci presenta, oggi, un brano  del Vangelo che è di una importanza fondamentale. Nel Vangelo ci viene proposto da S. Matteo il discorso cosiddetto della montagna fatto da Gesù, ma in quel discorso è promulgata nientedimeno che la Costituzione del Regno di Dio che, come la costituzione degli stati umani, getta le basi dei diritti e dei doveri, dei rapporti reciproci fra i cristiani e il Regno di Dio. Praticamente sono le disposizioni sulle quali il Regno si struttura e si costruisce. Ma  vorrei veramente entrare ad analizzare  un po’ più a fondo questa nostra Costituzione: quindi a verificare le somiglianze con le costituzioni di questo mondo. La nostra costituzione si esprime in un brano che incessantemente  ripete “beati”, “beati quelli che”, “beati voi”, e sono posti in primo piano i valori che noi, uomini materialisti, disprezziamo e vorremmo eliminare dalla nostra vita.Vediamo! Nella cultura ebraica di quel tempo, cultura con la quale Gesù aveva a che fare,  si coltivava la convinzione che la prosperità materiale e il successo fossero segni della benedizione di Dio. Al contrario, invece, la povertà e la sterilità  fossero segni di maledizione divina. Gesù, invece, capovolge e rivoluziona la situazione, capovolgendo i concetti e denuncia la  ambiguità della beatitudine terrena  che per forza è evidentemente  limitata. Per il Signore Gesù Cristo sono, invece, beati coloro che non avendo nulla, né gioie (beati gli afflitti), né averi né poteri (beati i miti), né giustizia (beati voi che avete fame e sete di giustizia), né dominio, né piaceri né soddisfazioni, né pace, né rispetto; insomma coloro i quali sono carenti di tutte quelle cose che umanamente si considerano necessarie per il benessere, ossia i poveri di beni, di averi e di potere, ecco questi sono dichiarati felici da Cristo ! Qui però dobbiamo entrare a fare qualche precisazione. Il concetto di povertà che è mancanza di quanto abbiamo detto sopra, di per sé non è un bene che renda felici.Infatti noi vediamo un mucchio di poveri che maledicono Dio e maledicono la loro sorte, ma allora, come la mettiamo? Come fa Gesù a dirci: Beati i poveri, beati coloro che mancano di questo e di quest’altro? Vediamo di spiegarci. Gesù utilizza la parola povero, parola che nell’ebraico della Sacra Scrittura è data dalla parola anaw e perciò gli anawim. Per Cristo sono coloro che si sentono poveri nello spirito, radicalmente impotenti e poveri, ma pongono la loro totale fiducia nell’Onnipotenza Amorosa di Dio che li protegge e può dare loro tutto ciò di cui hanno bisogno. Fratelli e sorelle, ecco qui il concetto della povertà evangelica. Ecco la radicale povertà, la povertà di colui che pone la propria sicurezza in Dio e non  nei beni, nelle situazioni, nelle posizioni che passano, che sono manchevoli che non soddisfano in pieno. Ecco la povertà che Dio ci chiede: la povertà di fidarci totalmente di Lui. E da qui partono alcuni principi fondamentali per l’azione concreta. Innanzitutto due principi come pensiero. Primo, non  è la povertà economica che ti fa automaticamente santo! Quanti economicamente poveri, abbiamo già detto, maledicono Dio e la propria sorte! Il secondo principio. La vera ricchezza: averi, poteri, domini sono tentazioni fortissime per poggiare su di queste cose la nostra sicurezza umana e tutto ciò tende a renderci prepotenti , avari ed ingiusti. Fratelli e sorelle, ecco qui due principi che devono entrare molto chiaramente nella nostra mente. Ma poi abbiamo un paio di ulteriori principi per la concreta prassi quotidiana. Il Vangelo ci racconta la parabola di un ricco che, avendo avuto un buon risultato economico, un bilancio consuntivo annuale molto positivo, pensava di costruirsi dei depositi più ampi per poter così riposarsi con più sicurezza e tranquillità, ponendo lì in quei depositi il suo raccolto, le sue ricchezze. Ci dice il Vangelo che quel ricco sentì una voce che gli diceva: “Stolto, questa notte morirai, ti sarà chiesto conto dell’uso che hai fatto dei tuoi beni e questi beni che tu adesso vuoi conservare, proteggere e difendere in che mani andranno a finire ?”(Cfr. Luc. 12,20)Convinciamocene, fratelli e sorelle, non siamo proprietari di ciò che abbiamo. Siamo dei semplici amministratori che hanno ricevuto da Dio dei beni, delle cose da amministrare per il bene comune, di tutti e di questo dovremo rendere conto. E poi ancora un altro principio: Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, scrisse nella sua lettera ai Corinzi, che era una comunità di cristiani abbastanza benestante ( 1 Cor. 7, 29-31 ), stabilendo una norma per i Cristiani che per forza devono servirsi dei beni di questo mondo. I cristiani vivono in questo spazio temporale in cui queste cose sono necessarie. In quei versetti Paolo utilizza varie volte la parola “come se non”. Non dice di astenersi, di non usarli in forma assoluta. Dice praticamente di non assolutizzarli: sì usateli, ma come se non li steste utilizzando, credendoli perciò indispensabili, assolutizzandoli per la vostra felicità. No, fratelli e sorelle, la nostra felicità è ben altra! E questa è una formula pratica di quanto Gesù aveva già chiesto a suo Padre: “Padre non  ti chiedo che  tu li tolga dal mondo ma che tu li preservi dal male”(cfr. Giov. 17,15). Fratelli e sorelle, ecco alcune conclusioni che ci confrontano con i beni di questa vita. Chiediamo al Signore la grazia di poter avere la libertà dall’oppressione delle ricchezze, di quella libertà che Cristo ci ha dato liberandoci dai vincoli che ci soffocano e che ci mantengono lontani da Dio, vera e totale felicità. La felicità posta in queste piccole cose transeunti, inconsistenti e che non hanno durevolezza e che non durano eternamente, è un inganno. Così sia.

Ultimo aggiornamento ( giovedì 27 gennaio 2011 )
 
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